Littoria era la città modello di Mussolini, costruita dove non c'era nulla nel 1932, 100 chilometri a sud di Roma sulle ampie paludi che il Duce aveva bonificato. Quando il fascismo crollò alla fine della guerra, Littoria prese il nome di Latina: l'Italia si vergognava di questa città, tutta bianca e squadrata, nata per esaltare le glorie del fascismo, che Mussolini era orgoglioso di far immortalare alle troupe del cinematografo. Poi vennero quarant'anni di Democrazia Cristiana, nascono industrie e la popolazione cresce fino a 100.000 abitanti. Negli anni '80 arrivava la crisi per tutte le città industriali: disoccupazione, povertà, crisi d'identità. Nel 1992 il 70% della popolazione di Latina votò per Aimone Finestra, un sindaco che si definisce "francamente fascista". La vittoria di Finestra rappresentò per Littoria-Latina una ribellione contro una specie di disgrazia storica, come se la città dimenticata andasse in cerca del passato della sua identità nel passato: a quegli anni favolosi del fascismo e della gioventù. Gianfranco Pannone torna a Latina, dove è cresciuto, per indagare sulle origini di questa sorprendente "ribellione", osservando di nuovo questa strana città e seguendo alcuni personaggi rappresentativi: il sindaco ovviamente, ma anche uno scrittore-operaio, un prete che opera in una parrocchia che si trova nella difficile periferia della città, un libraio frustrato da una città ignorante, un consigliere comunale comunista.