Storie per sere senza tivvù
Quest'opera potrebbe definirsi così: “Percorsi orizzontali e verticali nell'alveare urbano”, infatti è una scorribanda fra le dimensioni spaziali e interiori che accomunano tutti coloro che vivono in una grande metropoli. C’è la città, praticamente a sfondo di ogni racconto, una città fatta di quartieri, mai omogenea nelle sue localizzazioni, e ci sono i nomi e le “cose” che fanno il vivere in città, cose in senso ampio, materiali, immateriali, cose anche come sensazioni che puoi toccare e con cui ti ci puoi ferire. Un filo rosso attraversa lo snodo di questi racconti, la difficoltà a volte palese, altre volte rivestita d’ironia e di comicità, che caratterizza il vivere dell’essere umano urbanizzato, questa versione dell’homo sapiens sapiens passato troppo presto dalla foresta alla giungla d’asfalto, calato nelle strettoie di ritmi e tecnologie che lo hanno trasformato in una sorta di vagabondo (anche quando è ricco e apparentemente benestante) in perenne ricerca di senso e di se stesso: un evoluto insapiens, per ossimoro.
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