Il coltello fra i denti

Il coltello fra i denti

Bisogna volere la Rivoluzione perché è un bene e perché il regime sociale presente non è più vitale. Ci sono nel mondo due forze che lottano disperatamente intorno alle istituzioni millenarie: quella che vuole conservarle e quella che vuole cambiarle. La forza conservatrice è attualmente la più potente, appunto perché è la realtà. La sua formula è facile ed evidente: mantenere. Essa si aggrappa e si mescola, materialmente e moralmente, a quello che è acquisito, piantato, radicato. Essa rappresenta: le cose. In contrasto con ciò che è, i rivoluzionari propongono un’organizzazione ideale. Essi oppongono alla vita la speranza e la minaccia; si muovono nell’astratto e nell’avvenire; e tutta l’angoscia del dramma umano è in questo: il pensiero contro le cose. È il 1921. La Prima guerra mondiale è finita, il mondo trema, e coloro che sono sopravvissuti all’orrore lo portano con sé. In questo contesto di caos e di risveglio, di violenza e dominio, quale responsabilità hanno gli scrittori e i poeti? Come ribellarsi allo stato di cose e far sì che il vecchio non condizioni l’emergere del nuovo?
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