Lettere di guerra. 1916-1918
Le Lettere di guerra di Jacques Vaché sono, come ebbe a dire André Breton, «rarissimi concentrati di resistenza assoluta»; sono la testimonianza del talento di un precoce antesignano del surrealismo e, al contempo, di uno sguardo acuto, sarcastico, disincantato, sull’orrore e l’assurdità del «Grande spettacolo», la guerra 1914-18. Se di quel talento il lettore potrà rendersi conto grazie alle quindici lettere che Vaché invia dalle trincee ad André Breton, Théodore Fraenkel e Louis Aragon, tra il 1916 e il 1918 – qui riportate in nuova traduzione, dopo quelle uscite nel 1978 e nel 2005 – più e meglio si potrà cogliere il suo sguardo caustico e poetico nelle quarantasei lettere, tradotte per la prima volta in italiano, che scrive nello stesso arco di tempo all’amica Jeanne Derrien. Dandy anarchico, imprevedibile e anticonformista, Jacques Vaché sigla con nomi diversi le sue lettere e accompagna la scrittura con schizzi e disegni intrisi della medesima ironia delle parole con cui cattura la desolazione e lo smarrimento dinanzi al grande décervelage, il decervellamento di massa: la guerra. Scrittore di nessun libro, Vaché è autore di un’opera diversa da quelle cui attendeva o che progettava di creare: le sue lettere. Anacronismi, come spesso sono le lettere, che resistono, si perdono, trovano impreviste destinazioni.