12 maggio. Cinquant'anni dopo
Viaggio di formazione di un bambino cresciuto nella Roma anni Settanta e istantanea di una vittoria di bastardi senza gloria. Il secondo tempo di "Pistole e palloni". La vittoria furibonda e picaresca di una squadra di irregolari, la Lazio del ‘74, tra il divorzio, il terrorismo e la violenza criminale. La domenica a miccia corta che rovesciò il Potere. 12 maggio 1974: una banda di peones, giocatori senza pedigree e senza regole che portano la pistola nello spogliatoio e sono divisi in due clan fratricidi, sta per assaltare il cielo del calcio nella stessa domenica del referendum voluto da Marco Pannella e nella stagione che fa da preludio agli anni di piombo. Il leader è un emigrante di ritorno, un misto tra Achille e Porthos. Il capitano, un inglese napoletano di famiglia borghese con un’intelligenza aguzza. La guida è un ex partigiano con il carisma gentile che deve regolare un gruppo di pazzi. Le ultime ore prima di scendere in campo. La notte, tra sigarette, le Confessioni di Sant’Agostino e i giri a carte per schiacciare la tensione. La paura di non farcela. Quindi la partita. Lo stadio che ribolle e poi muto sul rigore decisivo. L’angoscia in dieci contro undici. Fino al fischio finale. Una vittoria tanto inattesa quanto irripetibile, uno scudetto così non c’è mai più stato.