1-0 calori
Nella storia della Serie A non mancano i sorpassi sul filo di lana, ma tra gli scudetti decisi all'ultimo atto né la papera di Sarti, né la Fatal Verona, né il 5 maggio raggiungono per drammaticità e densità di significati il diluvio di Perugia. "Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio 2000, la Lazio è campione d'Italia!" annuncia alla radio Riccardo Cucchi. Un campionato segnato da veleni e polemiche arbitrali si risolve con la sconfitta della Juventus 1-0 sul campo della squadra umbra, dopo una sospensione di oltre un'ora dovuta a un improvviso acquazzone. A consegnare lo scudetto ai biancocelesti, il gol di Calori: per molti un carneade in maglia perugina, per tutti un protagonista inatteso, per i laziali e gli antijuventini l'eroe venuto a liberare il calcio italiano dallo strapotere - non solo tecnico - della Vecchia Signora. Eppure, nell'epoca di Baggio, di Totti o Nesta, di Del Piero e Zidane, di Maldini e Shevchenko, di Ronaldo e Vieri, c'era anche chi idolatrava uno stopper di provincia come Alessandro Calori. Per Paolo Ortelli, ai tempi sedicenne inquieto, tifoso udinese benché non friulano che aveva scelto di ripudiare il Milan in favore di una "piccola" come forma immatura di ribellione al neoliberismo, Calori era lo storico capitano dei bianconeri "sbagliati", esempio di calciatore-condottiero, motivo di mille prese in giro subite dai compagni di scuola. "1-0 Calori" avevo ripetuto loro come un mantra per tutta la settimana, e 1-0 Calori fu. Il libro è il racconto in prima persona di quell'incredibile giornata sportiva, Bildungsroman di un fanatico pallonaro e insieme affresco del calcio italiano al volgere di millennio: il "campionato più bello del mondo" all'apice della sua gloria, in cui le passioni di milioni di persone si agitano tra scandali e contraddizioni sulle quali nemmeno Calciopoli potrà fare luce. Ma 1-0 Calori è soprattutto una riflessione sul ruolo sociale, pedagogico e politico del calcio.
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