Il caso Lea Schiavi. Indagine sull'omicidio di una giornalista antifascista
Si chiamava Lea Schiavi. Era nata a Borgosesia, in Piemonte. Bella e coraggiosa, sognava di girare il mondo, amava il cinema e il giornalismo, e fu la prima reporter di guerra donna a cadere sul fronte. Dopo avere scritto per diversi giornali, alla vigilia della Seconda guerra mondiale partì per i Balcani per alcuni reportage. In quei mesi divenne una "antifascista ardente" e finì nel mirino della polizia fascista italiana. Nei suoi confronti venne spiccato un ordine di cattura. Fu in Jugoslavia, Romania e in Bulgaria, dove si sposò con il giornalista americano della CBS Winston Burdett; poi in Turchia, Siria e infine Teheran. Aveva soltanto 35 anni quando, il 24 aprile del 1942, morì assassinata in un agguato tra le montagne dell'Azerbaigian iraniano. Il delitto rimase impunito. Chi impartì l'ordine di ucciderla? Agenti nazifascisti su ordine del servizio segreto del Regime di Mussolini? Oppure i sovietici, che occupavano una parte dell'antica Persia? Dimenticata in patria, è onorata negli Stati Uniti, ad Arlington, al Freedom Forum Journalists Memorial, dedicato ai reporter uccisi in guerra: è la prima giornalista donna elencata. Questa è la sua storia, ricostruita con rigore e attraverso numerosi documenti inediti.
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