Tre monologhi. Penna, Morante, Wilcock
Il monologo è un racconto da parte di una voce sola, che porta e conduce in sé molte voci. È una scrittura che esce dal silenzio della pagina provando di dove s'è originata: e si consegna all'orecchio che sente e vede mentre ascolta. Questi tre monologhi raccontano di tre persone singolari, ne traversano le giornate, ne rivelano le forze e le fragilità, le verità e le contraddizioni. E prima che onorarne gli straordinari talenti e le opere affidate alla durata della poesia, ne tracciano i passi e i pensieri nella luce della confidenza, nella grazia di un affetto che nemmeno si nega alla spietatezza come forma estrema di vicinanza. L'autore di questi racconti ha più volte scritto di Sandro Penna, di J. Rodolfo Wilcock, di Elsa Morante, ma ogni volta, e come per la prima volta, sa di assolvere a un impegno che è quello di scioglierli dalle nebbie della propria memoria e di chiamarli a sé vivi e pressanti. Così Penna interroga la propria fanciullezza mai domata dal tempo e ancora si chiede e chiede un'impossibile felicità; Wilcock intesse le sue strabilianti mostruosità vagando fra stanze ombrose e paesaggi pencolanti negli abissi; Elsa Morante cammina per le strade di Roma recando nei gesti e nelle parole i fantasmi cari e dolorosi delle sue narrazioni. Tre vite segnate da un destino d'arte e da una indomabile passione espressiva, tre vite diverse e uguali nelle giornate di tutti. E qui - per cenni e per frammenti - si mostrano.
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