Viceré di Sicilia. Arte e committenza all'ombra della storia. L'età aragonese (1415-1516)
Sul finire del Medioevo, e nel volgere di poco più di un decennio, la Sicilia da regno autonomo diviene uno stato satellite dell'Aragona governato da un viceré di volta in volta inviato dalla nuova madrepatria spagnola. È l'inizio di un lento ma irrevocabile declino politico che avrà ricadute che non è difficile individuare persino oggi. Eppure quell'epoca coincide con una prodigiosa fioritura artistica, come se l'arte, tradizionale strumento di legittimazione della volontà sovrana, fosse allo stesso tempo risposta - l'unica rimasta - per riaffermare i caratteri di una cultura che sul duplice tessuto dell'apertura al nuovo e del radicamento alla tradizione aveva cucito il vessillo della propria identità. Nel periodo compreso tra l'arrivo del primo viceré e la fine della dinastia di Trastámara approdano nell'isola artisti come Domenico Gagini e Francesco Laurana, capaci di riscrivere il linguaggio della scultura nelle forme di un incipiente Rinascimento; è il tempo del Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis e della pittura rivoluzionaria di Antonello, delle singolari soluzioni costruttive di Matteo Carnilivari e della gioventù operosa di Antonello Gagini, vero anello di congiunzione verso un mondo che ormai si affacciava alla modernità. Questo libro attraversa quel secolo di storia artistica e culturale, "interrogando" alcune di quelle esperienze pittoriche, scultoree e architettoniche alla ricerca di risposte che, in molti casi, non mancheranno di sorprendere il lettore.