Il pianto dei roveri

Il pianto dei roveri

«Una silloge sul sé imprime, con forza e malinconia, uno stile in versi elegante e immediato. Attraverso un occhio introspettivo, avvolto d'ermetico nichilismo, si squarcia il tormentoso impeto dell'Assoluto. Alfiere in lettere che muove con estetica terrena la forma perfetta, intangibile come polvere di gesso, imperante nello spazio senza tempo. Confessione di un linguaggio quasi dialogato con figure ideali, rarefatto in un clima informale in cui si evoca la bellezza perduta del lirismo, annullando di fatto la misura. Un modo per riportare in vita, senza pretese, il tratto eterno della poesia, perché non passi giorno senza che qualcuno la ritrovi nelle cose semplici della natura o nelle pagine dimenticate di un libro senza nome. Uno strumento, dunque per filtrare il mondo con la nobiltà del pensiero. Una raccolta di sensazioni, compagnie di soli e di lune solitarie fra persone cieche e un moto dei giorni sempre uguali. Paure appartate e gioie invocate saranno il leitmotiv di questo componimento.»
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