Pastoralismo tra continuità e innovazione. Evidenze dal caso Sardegna
Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2026 "Anno Internazionale dei Pascoli e Pastori". A dicembre 2019, l'UNESCO ha dichiarato la "civiltà della transumanza", con il suo spostamento stagionale del bestiame lungo le rotte migratorie nel Mediterraneo e nelle Alpi, "Patrimonio culturale immateriale dell'umanità", su proposta di Italia, Austria e Grecia. Siamo oggi davanti a uno scenario istituzionale che cerca di riprestare attenzione alla funzione regolatrice che i sistemi agropastorali hanno all'interno dei territori rurali e montani, in riflesso dell'importanza che questi possono avere nella creazione di un ambiente sostenibile. L'articolarsi di forme di pastoralismo nell'ambito mediterraneo/circummediterraneo può essere letto in modo comparato confrontando tipi simili di istituzioni e processi in una varietà di contesti politici, economici, burocratici e religiosi. Il caso Sardegna si colloca in quei contesti nei quali le pratiche di allevamento estensivo brado e poi semi-brado, soprattutto ovino, sono state capaci di incidere in maniera cruciale nella regolazione delle strutture sociali ed economiche delle società locali. Sono state inoltre centro dell'identità culturale e contributo attivo nella manutenzione e cura dei paesaggi, con la transumanza prima, e con l'insediamento aziendale poi.
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