Contro il futuro. Dalle cattive previsioni alle buone pratiche
Nel nostro tempo il futuro emerge in occasione di ogni crisi politica, sociale, economica e oggi anche sanitaria, come una enigmatica ombra della crisi stessa: nella crisi e non oltre la crisi, come ci si potrebbe aspettare. Paradossalmente, sarebbe quindi necessario liberare il futuro dal presente: sciogliere ciò che sarà dal vincolo di ciò che è, per aprirsi a quell'avvenire che, appunto, deve ancora venire. Ripercorrendo sommariamente le radici della cosiddetta "futurologia", se ne può cogliere il carattere ossimorico, che pretenderebbe di coniugare un eccesso di razionalità, quello di scienza e tecnica, con un difetto di razionalità, implicito in un divenire quanto mai dinamico e incerto. La precarietà di ogni pretesa previsionale coinvolge i tanti "ismi" (populismo, radicalismo, fanatismo e via dicendo) partoriti da un tempo in cui non si sa se sia più accettabile la padella o la brace, a causa delle incessanti tensioni relazionali, che oggi richiederebbero originali e persino stravaganti strategie concettuali e operative.
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