Il cocomero nel pozzo. Vita e personaggi di San Pancrazio nel Novecento
"Non è stato difficile raccoglierle le fiabe perché sono vecchio, perché ne conoscevo già tante e dopo sono andato da quelli che le sapevano... l'Alba 'd Chiaro, la Dina 'd Topo, la Smeralda... lo sforzo è stato scriverle in romagnolo - questo è un lavoro che ha fatto Eraldo Baldini - perché, te lo dico io, ce ne saranno dieci che le leggono in romagnolo perché la gente non vuole fare fatica ma il romagnolo ha ancora il suo valore, soprattutto nelle fiabe. Noi siamo una classe che ha visto cose che non ha visto più nessuno perché ancora quando la gente andava a Russi a piedi dopo sono andati sulla Luna e tutte quelle cose lì noi le favole, allora, erano la nostra televisione, il nostro passatempo perché dei soldi non ce n'erano e allora Gnò, Gianaro dla Tanta, Paciaraza, e' Muret 'd Caplò erano quelli che tenevano sollevata la gioventù del paese andavamo a prendere un fiasco di vino, mettevamo fuori quattro soldi a testa poi ci si trovava nei trebbi, nelle stalle, un po' ovunque adesso dove sono le donne che vanno a filare nelle stalle... dove sono quelli che all'osteria dopo aver fatto una partita si mettono a raccontare delle fiabe e la gente stava attenta! Ma i folari si sono persi, cosa volete che vi dica? È un mondo che è finito però bisognerebbe salvare il nostro dialetto che è bello ed è l'espressione della Romagna perché se muore il dialetto romagnolo muore la Romagna, tenetelo a mente."
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