Senza lacrime più
Ci sono libri che nascono per corrispondere immediatamente all'impeto irrefrenabile della fantasia o che obbediscono alle te-nerezze degli abbandoni memoriali; ma anche ci sono libri come questi, che rispondono a più radicati bisogni di conoscenza e di umanità. Anche in essi la scrittura nasce dal bisogno di abbandonarsi alla bellezza del raccontare o al fecondo recupero memoriale, nel quale riviviamo esperienze ed incontri cui dobbiamo quello che siamo. Muove le loro pagine una radicata e persin drammatica esigenza: la scoperta di sé, del nostro stato, della segreta intimità della nostra persona e l'esigenza di sapere perché siamo qui, ora, e in questo stato, ora. Così credo siano nate le pagine di questo libro: Carlo, nelle tensioni di un dramma che ne ha segnato in parte l'identità, cerca nella parola il proprio io, con le sue idiosincrasie, le passioni politiche, l'ansia della scoperta, l'affermazione del sé, anche a dispetto di destini avversi. In questa tensione, la parola si fa riscatto, perché capace di celebrare la propria dignità, la costruzione della persona, persino le vie della salvezza quando ci tocca il dono della fede o la sua faticosa conquista. Sono le piste che Carlo rappresenta nelle pagine multiformi e multanimi della sua vita.
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