Malasorte
Due voci, un fratello e una sorella, Nico e Bea. Nico è il primo a parlare. È guardiano alla diga e ha cucito sulla giacca il nome di Sourceau, l’impresa di energia elettrica per cui prima di lui hanno lavorato il padre e il nonno. Ha scelto di stare alla diga, di non andare oltre, perché da troppi anni ha una inquietudine che gli marcisce nella bocca e che soltanto quando è solo gli dà tregua. Il passato è la colpa, e la colpa è l’incoscienza dei due bambini che un giorno decidono di seguire il fiume che fa loro conoscere quartieri in cui non erano mai stati. Scoprono così una baraccopoli abitata da un popolo sottomesso e il Centro di Termine, da lì vengono fatti sparire i prigionieri che hanno tentato di evadere dal Campo. Nico e Bea non possono più rimandare una scelta. Chi seguire? Le parole di un libro e di un prete che perde lo sguardo nel sorriso dei ragazzi? Quelle dei bambini-lupo, esseri misteriosi che nessuno ha mai visto ma che tutti temono? O affidarsi al proprio padre, che non è chi credevano fosse? Ma il passato è soprattutto Bea che scompare all’età di dieci anni – l’affanno e la disperazione delle ricerche a vuoto nel parco del fiume – e che ritorna dopo molti anni senza dare spiegazioni. È alla diga che si presenta e lei e il fratello capiscono che, alla fine, solo le scelte contano. Tra essere Spartaco o Crasso. Anche a costo di perdere ogni cosa, in una resa dei conti che riguarda ciascuno di noi.