Padre e re. Filosofia della guerra
Nella cultura occidentale, la guerra non è l’espressione irrazionale di una fase primitiva della civiltà ma la «continuazione della politica con altri mezzi». È una costante storica che accompagna e determina le trasformazioni sociali, una forza creatrice che conferisce identità nella contrapposizione, forma nella separazione. Le verità sul rapporto tra politica e guerra che legano Eraclito e Schmitt, Platone e Kant, Hegel e Clausewitz, Marx e Gramsci si rivelano ben più incisive delle inefficaci invocazioni di una pace ideale e utopica. La sfida è applicare questa linea di pensiero alla fase storica attuale, in cui l’eventualità di una contesa nucleare ha generato una trasformazione irreversibile della guerra in negazione della politica. Pensare la guerra oggi significa allora scavare fino alle radici della «globalizzazione del disastro». Umberto Curi si misura in maniera definitiva con la necessità di polemos – «padre e re di tutte le cose» – per mostrare come il terrorismo, le migrazioni e la distribuzione ineguale delle risorse a livello globale siano manifestazioni di un unico fenomeno: la dichiarazione di guerra che gli occidentali muovono al resto del mondo per preservare il loro stile di vita.