Mina. Viva lei
Nell’epoca in cui tutto è «iconico», è diventato difficile dire chi meriti davvero questa definizione. Ma su Mina non ci possono essere dubbi. Più gli altri si affannano per ottenere un quarto d’ora di celebrità, più lei brilla per assenza. Dopo il suo ritiro dalle scene nel 1978, ha mantenuto la parola e ha fatto ciò che a molti risulterebbe inconcepibile: sparire. E più sparisce, più il suo mito si amplifica. Mina ha cantato tutto: l’amore, il dolore, il sesso, l’amicizia. E ha cantato tutti: dai nomi celebrati agli autori più sconosciuti, lanciando le loro carriere. Oltre che nella musica, in cui si è mossa da regina incomparabile per talento, estensione vocale e intelligenza, ha saputo lasciare il suo graffio nella televisione, nella radio, nella moda. E nella società: nel moralismo imperante degli anni Sessanta, posava sorridente sui giornali con il suo bambino nato fuori dal matrimonio. Ancora oggi, a più di ottant’anni, si dimostra la più moderna di tutti. Duetta con una star giovanissima come Blanco e nel caos digitale decide che la sua casa discografica produrrà dischi a 33 giri. Tony di Corcia ha invitato la scrittrice e sceneggiatrice Barbara Alberti a fare un gioco: ascoltando alcune canzoni di Mina, non necessariamente le più conosciute, hanno usato la sua musica e i suoi testi come pretesto per analizzare il nostro passato e il nostro presente, i nostri linguaggi, i nostri cambiamenti. La voce di Mina come pretesto per parlare di vita. E di amore.