La danza della morte

La danza della morte

Intorno al 1522, Tommaso Moro riflettendo sulla Danza della Morte della cattedrale di Saint Paul concludeva che nell'immaginazione dello spirito del credente nulla è più potente della sua stessa fantasia: «Se la parola morte non soltanto si ode, ma la si lascia penetrare nei nostri cuori con fantasia e profonda immaginazione, percepiremo così che l'osservazione della Danza della Morte dipinta in Saint Paul ci ha procurato una commozione mai provata prima, sentendoci toccati e sconvolti dall'impressione di quell'immagine nei nostri cuori. E nessuna meraviglia. Perché quei dipinti esprimono soltanto la figura raccapricciante dei nostri corpi morti fatti di ossa e di carne corrotta. Pensiero davvero spaventoso. Tuttavia né la loro visione, né quella dei teschi nell'ossario, né l'apparizione di un vero fantasma generano la metà del terrore rispetto alla nostra radicata fantasia della morte nella sua natura, alla vivida immaginazione coltivata nel nostro stesso cuore». Dinanzi a osservazioni come quelle di Tommaso Moro, Hans Holbein rivendicava il valore spirituale dell'arte. La sua ambizione fu soprattutto quella di ideare nuovi mezzi figurativi per ispirare una profonda pietà. E il suo ciclo di incisioni della Danza della Morte dimostra che riuscì nell'intento. Con un commento di Ulinka Rublack.
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