Ingegnere del tempo perduto. Conversazione con Pierre Cabanne
«Questa intervista ha provocato fin dalla sua prima pubblicazione reazioni contraddittorie – alcune perfino indignate – sia per le parole di Marcel Duchamp, sia per lo stile con cui ho ritenuto opportuno condurre il nostro dialogo. Tali reazioni si spiegano con il fatto che molti presumono di detenere la verità esclusiva su Duchamp, e così lo riducono, a loro uso personale, a una mummia asettica e muta. Tutto questo ha dato come frutto articoli, persino interi libri, spesso astrusi, oscuri, tesi a interpretare un particolare di un'opera, una frase, un atteggiamento; e questo divertiva molto Duchamp, sebbene in genere non si desse la pena di leggere quel che si scriveva su di lui. Com'era dunque possibile, in presenza di queste glosse complicate, di queste sapienti decifrazioni che propongono chiavi di lettura sempre nuove e sempre divergenti e contraddittorie, tollerare che Duchamp, "l'uomo più intelligente del XX secolo" secondo Breton, abbia potuto dare delle sue opere, nella nostra intervista, "spiegazioni insignificanti, piattissime motivazioni"? Com'era possibile ammettere che avesse detto, concludendone la lettura, "Tutto è chiaro come il sole"? Avrebbe significato accettare che Duchamp avesse posato sulla sua opera e sulla sua vita uno sguardo lucido, dando delle sue "cose" spiegazioni semplici, concise, spogliandole da complessi pensieri riposti o da segrete intenzioni.» (dalla postfazione di Pierre Cabanne)
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