Metafisica dello specchio. Anish Kapoor e la poesia delle superfici
Artista del non-oggetto, poeta della dualità, autore di opere sospese tra materiale e immateriale, Anish Kapoor esplora la soglia che divide e riunisce luce e ombra, maschile e femminile, concavità e convessità, in un incessante andirivieni di pieni e vuoti. I suoi oggetti sono dotati di una presenza incisiva e sottrattiva insieme: massimamente consistenti, capaci di imporsi con forza irrefutabile, allo stesso tempo e per lo stesso motivo possiedono una qualità evanescente, illocalizzabile, fantasmatica. Sembrano essere nel mondo, ma anche disegnare un passaggio in cui il mondo è destinato a riversarsi per scomparire o da cui sembra dover risorgere. Grazie a opere come Sky Mirror, Cloud Gate, Dirty Corner, l’inesauribile ricerca condotta dal maestro degli opposti ci consegna «la più chiara esperienza di noi stessi, il nostro ritratto più ovvio, più quotidiano». In un tempo in cui tutto è «crosta delle cose», in cui oggetti e persone parlano di sé attraverso la pelle, lo specchio riporta in superficie la profondità, quella forma scura, quel buco nero che racchiude le domande fondamentali sull’Essere.