La fine dell'acqua
"Sono solamente lontane / le cose che non sappiamo guardare". Così canta Atahualpa Yupanqui in una toccante milonga. È la stessa prospettiva di questa raccolta: nel racconto del paesaggio assistiamo a un attraversamento fisico e cognitivo dei luoghi evocati. Le storie che la compongono hanno come comune denominatore il rapporto tra la Natura e l'uomo, colto nell'attimo dello smarrimento esistenziale. Sono ambientate in contesti marginali di selvatica bellezza, in cui le forme e gli incerti confini del paesaggio fanno da sfondo all'assoluto dei sentimenti. La riproduzione dell'ambiente naturale - montano, ruvido, un Sud isolato e periferico - è interiorizzata, fino ad assumere un valore antropologico. Ogni storia è declinata come un frammento di paesaggio in cui, al cospetto di una Natura indomabile e attraente, gli uomini si ritrovano a vivere un presente tormentato da una sorta di collettivo senso di colpa. Accertata l'inutilità di dover/poter cambiare le cose, non resta che andare incontro a una visione mistica e simbolica della Natura, cosicché la variegata elaborazione interiore dello spazio diventa approdo, consapevolezza periferica, tensione ecologica. Possibile via di fuga.