Scienza, morte e tecnologia nel mondo di James Bond
L'universo di James Bond, a partire dal primo libro fino alla conclusione dell'ultimo ciclo di film, con "No Time to Die", pullula di tecnologia e scienza. Nella finzione, Ian Fleming prima e produttori e sceneggiatori poi si sono sempre concessi qualche libertà a scopo di intrattenimento; ma vi siete mai chiesti dov'è il confine tra credibilità e ridicolo? È vero che alcune trovate rasentano il comico, come l'uniforme antiproiettile in "Zona pericolo" o il Rolex di Bond, così pieno di gadget (tra cui un generatore di impulsi elettromagnetici) che sarebbe impossibile da indossare senza slogarsi il polso. Spesso però, suggerisce Kathryn Harkup nel suo libro, le domande che ci siamo posti una volta usciti dal cinema o chiuso un libro, hanno risposte tutt'altro che scontate, e gli autori non di rado si sono spaventati dell'effettiva attuabilità di alcune invenzioni. Si può costruire davvero un covo nelle profondità di un vulcano o nello spazio? Le armi che abbiamo visto in mano a James Bond e ai suoi nemici sono state davvero sviluppate? I nanobot che abbiamo visto nell'ultimo film esistono davvero? E se volessimo davvero conquistare il mondo, cosa sarebbe meglio usare? Armi batteriologiche, bombe o veleni micidiali? In 25 brevi capitoli Harkup regala al lettore una piccola ma esaustiva enciclopedia del mondo scientifico di 007.