Il ritorno dell'arciere

Il ritorno dell'arciere

'Lunedì. Tutto sommato non è un brutto modo per cominciare la settimana' pensava Roger quel pomeriggio di maggio. Guardò in alto, il cielo, azzurro, e respirò a pieni polmoni. Non che non avesse più visto il cielo, ma quel giorno lo vedeva da fuori. Dopo ventun anni e quattro mesi. Si fermò alcuni secondi, dritto in piedi, sul marciapiede. Aspettava di sentire quel rumore che tanto aveva aspettato. Non dall'inizio, ma dagli ultimi sei mesi. Lo aspettava immaginando quel momento. Ora aveva paura che non arrivasse. Ma perché quel rumore non arrivava ancora? Senza volerlo si era irrigidito, le braccia distese lungo il corpo. Nella mano destra stringeva la maniglia del borsone sportivo blu in cui erano riposte tutte le sue cose, tutti i suoi averi. I secondi passavano. Niente. Non avevano forse cambiato idea? Ma per quale motivo? Non esisteva più un motivo. Finalmente il rumore, quasi soffocato, gli arrivò da dietro. Una porta che si chiudeva. Se lo sarebbe aspettato più forte, lo avrebbe preferito più forte, quel rumore, ma sapeva che doveva accontentarsi di quel "tlok", un rumore che avrebbe ricordato per il resto della vita. Tlok. Il rumore che fa la porta del carcere di Lione, finalmente chiusa alle sue spalle.
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