Vitto e alloggio. Giovani prima della società connessa
Tra i protagonisti, Alberto e Clelia, c'è qualcosa che non va. Incuriosito, il lettore prosegue, per ritrovarsi sballottato tra registri apparentemente incompatibili, in cui il sesso senza censure né erotismo convive con l'impegno e si scende nel triviale per risalire ad altezze di tutto rispetto. A quel punto, o lascia perdere, o entra in sintonia con l'insolito mix - il genere, Radical Trash, è nuovo - e affronta avidamente le pagine successive. Consigliato a un pubblico di razionali cui i troppi passaggi descrittivi fanno scattare la lettura veloce, "Vitto e alloggio" punta a divertire e far pensare un lettore che sappia ridere del sesso, del politicamente scorretto e del turpiloquio, così come approcciati nell'inedito spaccato sociale che va ad affrescare: dopo il '68 e il rampantismo, ma prima dei social, è il momento del disincanto per certi maschi laureati trentenni, intellettualmente arroganti ma realistici e socialmente funzionali. Il racconto dell'evolversi della storia tra i due protagonisti, nel contesto ristretto del gruppo di amici di lui, come in quello più ampio di una società italiana persa nei suoi mutamenti, dà modo all'autore di delineare con sorprendente efficacia i sentori di un nuovo malessere - la cui devastante portata sarà certificata anni dopo da Umberto Eco con la famosa stigmatizzazione dei social - dovuto alla forzata convivenza non tanto con l'analfabetismo funzionale quanto con l'imbecillità diffusa.
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