Le nuove storie di Giufà. Ovvero Giufà e il grande imbroglio
Nessuno sa con certezza quando, come o dove sia nato. Si sa solo che, al seguito degli eserciti arabi che conquistarono dapprima tutta l'area del Mediterraneo e poi buona parte del mondo allora conosciuto, arrivò anche lui: Giufà. Neppure è chiaro chi fosse, nel senso che la sua personalità era profondamente contradditoria. Nella maggior parte delle storie uno sciocco, facile preda dei suoi istinti e dei furbi che di lui si approfittavano; tutt'altra cosa in altre: un furbo di tre cotte, che una ne faceva e cento ne pensava, recitando la parte del finto tonto. E ce n'è pure qualcuna in cui era, nientedimeno, che un giudice illuminato. Fra tutte queste incertezze, qualcosa di assodato però vi è: Giufà fu un enzima. Messo all'interno di uno strato sociale in cui la maggior parte delle persone che lo componevano era priva di istruzione o cultura, lo fece lievitare sviluppando la capacità critica e l'autoanalisi. E se Giufà - si chiede l'autore - potesse vivere oggi, nella nostra società occidentale, con il suo benessere diffuso e dove istruzione e cultura sono abbastanza presenti, cosa ci racconterebbe? Cosa dovrebbe fare per poter continuare a svolgere la sua funzione? E così si è immaginato un Giufà che è in effetti un saggio, ma non sa di esserlo, e che vive ai nostri giorni in una delle nostre cittadine.