Alterità e prossimità di Dio
Tommaso d’Aquino, Bonaventura da Bagnoregio, Sigieri di Brabante, Pietro di Giovanni Olivi e Guglielmo di Ockham sono i cinque protagonisti di questo saggio sulla filosofia medievale. La prima cosa che viene da chiedersi è: perché proprio loro? E poi: che cos’hanno in comune – posto che qualcosa che li accomuni esista – questi cinque pensatori apparentemente così diversi e così distanti l’uno dall’altro, tanto nel tempo quanto nel pensiero? Ciò che li avvicina è, senza alcun dubbio, l’immane sforzo con cui ciascuno di loro tentò di dare una risposta soddisfacente alla domanda che sta al cuore dell’intera Scolastica: l’uomo con le sole “armi” della ragione, e cioè per il tramite del solo intellectus, è in grado di conoscere, e pertanto di dire, qualcosa di Dio? Oppure tutto quello che noi uomini possiamo conoscere e dire di Dio è quanto, nella fede, possiamo apprendere dalla Rivelazione, ossia quanto Dio stesso ha deciso di far conoscere di sé all’umanità ri-velandosi attraverso l’incarnazione del Cristo e la Scrittura? Ciò che in queste pagine si tenta dunque di mostrare è come sia proprio a partire dall’esigenza di provare a dare una risposta a questi decisivi interrogativi che, in definitiva, ha preso forma la migliore produzione della Scolastica e come sia però sempre proprio a partire da essi che ha preso al contempo avvio quella crisi che determinò la fine di un’intera stagione del pensiero, quella medievale, e il passaggio a una nuova epoca, ovvero alla Riforma.