E ho smesso di chiamarti papà. Il memoir della figlia di Gisèle Pelicot
Il 19 dicembre 2024 si è chiuso in Francia un processo epocale, che per mesi ha dominato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Secondo la sentenza, Gisèle Pelicot è stata per almeno dieci anni vittima del marito Dominique, che le serviva di nascosto cocktail di farmaci per poi abusare di lei, documentando il tutto con video e foto. Non solo: Dominique apriva la porta di casa a estranei, oltre cinquanta, adescati su internet; offriva loro ogni volta il corpo inerme e addormentato della moglie. È una storia terribile che tutti i media hanno reso notoria, ma questo libro la racconta dall’interno, perché l’ha scritto Caroline, l’unica femmina fra i tre figli della coppia. «Il trauma», racconta Caroline, «si espande in ogni direzione come un’onda d’urto», e colpisce tutto e tutti: nell’inferno di interrogatori e prove da verificare, nell’incubo di scoprire la verità sul padre, spuntano nuove immagini che ritraggono le due nuore, riprese di nascosto, e persino alcune foto di Caroline. Sorge il dubbio più atroce: forse suo padre ha drogato e violentato anche lei? Tra le pagine di questa «cronaca di orrore e sopravvivenza» spuntano anche i ricordi di un’altra vita, quando Dominique era un padre come tanti, Caroline era una bambina, e tutto sembrava normale. Sono piccole lettere immaginarie, dialoghi impossibili e strazianti verso un padre che, semplicemente, non esiste più. Eppure dentro l’orrore, pian piano, nasce una storia diversa, di rivalsa: madre e figlia capiscono che non devono vergognarsi di questa storia, tutt’altro, perché la vergogna andrà riversata su gli uomini che manipolano, drogano e violentano le loro mogli, fidanzate, figlie, in un delirio patriarcale di dominazione. Caroline e Gisèle decidono che questa storia verrà resa pubblica, attraverso un processo a porte aperte in cui la stampa sarà la benvenuta, e poi attraverso le pagine di un libro che racconti, finalmente, la verità: questo libro.
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