Don Lucio Oresti narratore. La scrittura è un luogo di libertà
Lucio Oresti, nato a Mistretta, il 28 maggio 1928, e deceduto nella stessa città, il 29 gennaio 2012, all'età di 84 anni, è stato un «personaggio» e un esponente della cosiddetta cultura subalterna. Noto per la sua conoscenza a memoria di trentatré canti della Divina Commedia di Dante, coltivò l'amore per la poesia e la scrittura. È stato il «narratore» autobiografico di se stesso, avendo scritto, per tutta la vita, un singolare diario inedito della proprie vicissitudini, adottando un italiano perfetto e pulito. Il manoscritto, che si compone di seicento pagine, è stato recentemente oggetto di un articolo dell'antropologo siciliano di Messina, Sergio Todesco, in occasione del settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta, padre della lingua italiana. Todesco ha definito Oresti un autentico «rappresentante e un interprete subalterno» di Dante e ha asserito che l'innamoramento per le terzine dantesche, quale fu quello di Oresti, sarebbe per le giovani generazioni un «antidoto contro l'imbarbarimento dell'italiano di oggi». Il diario, intitolato Non conosco i miei vent'anni, racconta la storia d'Italia dalla prospettiva locale e ne traccia una radiografia tragica e impietosa. Il "mito" della giovinezza e la storia delle classi povere meridionali siciliane e dei Nebrodi fanno da sfondo a un diario di memorie anche dure che Oresti narrò come testimonianza emblematica di una volontà di riscatto e di emancipazione attraverso l'adozione della scrittura e della cultura còlta. Oresti, simbolo di questa ansia di redenzione socio-culturale e socio-economica, scrivendo, e vivendo in un contesto di analfabetismo generale, dimostrò, a modo suo, che la scrittura è un luogo di libertà.
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