Il canto del cinema
"Il problema che si pone lo storico saggio di Antonio Martin in fondo è proprio quello di un linguaggio possibile per affrontare in maniera più profonda e meno didascalica possibile il terreno seducente della morte e come intimamente sia connesso a quello della vita, più di quanto si è intuitivamente portati a pensare. Dico storico perché è un testo in gestazione da più di quarant'anni. La sua nascita nell'alveo universitario e la sua difficoltà dell'essere accolto nel mondo accademico, ne evidenziano soprattutto il coraggio formale e sostanziale. Un saggio ostico, impegnativo, a volte quasi onirico e a tratti formidabile che sfida rigidità culturali e confini semantici nei quali la cosiddetta cultura ufficiale si barrica spesso e volentieri. È tutt'oggi in questa versione (forse) definitiva una sfida anche per il lettore più curioso e coraggioso. La scelta del cinema come continuazione ideale della tragedia, rappresentazione del mito oltre che della realtà nel suo concetto più ampio. Linguaggio istintivo attraverso il quale si prendono le misure del reale e si affronta implicitamente il problema ontologico per eccellenza. Un testo sostanzialmente filosofico sotto spoglie semiotiche, ma è anche meno banalmente la storia della vita di un uomo" (dalla Prefazione).
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