La panchina di pietra
Nina ha ventidue anni, è nata e cresciuta in Svizzera, ma quando scoppia la pandemia di Covid-19 è in Italia dai nonni materni, dove resta bloccata per tutto il periodo del lockdown. Una finestra di quella casa in cui, suo malgrado, si trova imprigionata diventa l'occhio sul mondo, dove tutto sembra comunque proseguire con normalità, a dispetto delle norme per impedire il contagio. A tratti seria, a tratti ironica e pungente, Nina decide di affidare i suoi pensieri a un diario: pagine ricche di insofferenza e di riflessioni che risaltano la sua cura per l'ambiente e l'enorme senso civico. Come il diavolo con l'acqua santa, a fare da contraltare la sua amica d'infanzia, nonché vicina di casa, Priscilla, che cerca di farle notare con precisa puntigliosità un modo differente di concepire la vita. La panchina di pietra è una fotografia lucida del nostro tempo, di ciò che siamo e, soprattutto, di quello che possiamo diventare nel momento in cui smettiamo di essere umani.
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