Volevamo, ricordi?
«Sembra non esserci più spazio per la mediazione: se nelle precedenti raccolte, infatti, l'autore ancora si trovava avvolto nella sua insicurezza, nella paura di non essere accettato, tutto questo ora sembra superato, in un vero e proprio atto di coraggio verso se stesso e la sua produzione poetica. Tutto è visto sotto una prospettiva nuova, più cosciente, più realista, e forse proprio per questo ancora più dolorosa. In certi momenti si ha quasi l'impressione che in fondo non ci sia più nulla da dire, tanta è la sofferenza e il male che arriva da dove meno te lo aspetti. Sono, perciò, quasi dei dialoghi surreali di un racconto a fotogrammi quelli che ci troviamo di fronte, costruiti sui resti di ricordi bruciati, poesie spezzate per attimi spezzati, in cui persino le interruzioni potrebbero essere i singhiozzi di una voce che si spegne per il pianto.»
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