Ce la facciamo?

Ce la facciamo?

"Alle spalle di Flavia svettava il quadro di un veliero in mezzo a una tempesta, e immediatamente pensai che non poteva trattarsi di una scelta casuale, perché mi identificai subito con quell'imbarcazione in balia dei venti: io ero quel veliero, la mia vita era tempesta. Flavia, prima ancora di conoscermi, mi offrì la sua diagnosi. Con molto tatto e moltissima pazienza, mi spiegò che stavo guardando la vita con degli occhiali dalle lenti ribaltate. Anziché vedere la vita e il mondo esterno, le mie lenti erano rivolte verso di me. Ero così concentrata sul mio disagio da non riuscire più ad apprezzare ciò che per una vita mi aveva riempito lo sguardo e il cuore. Nel vedere un cielo azzurro io prima ero la persona più felice della Terra. Sapevo entusiasmarmi per il calore di un raggio di sole, per il profumo familiare del mare, per l'abbraccio di un'amica. Avevo sempre basato la mia felicità su tante piccole cose, spesso date per scontate. Lei questo l'aveva capito, non so come fece. Non ci conoscevamo, non ci eravamo mai incontrate prima, eppure in pochi minuti era riuscita a raggiungere la mia anima, quella stessa anima che invece io non riuscivo più a percepire."
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