Kurt Cobain. Dossier. Indagine su un suicidio sospetto

Kurt Cobain. Dossier. Indagine su un suicidio sospetto

Seattle, aprile 1994. Kurt Cobain, motore creativo della più grande rock band degli anni '90, viene trovato morto nella sua villa col cranio sfondato e un fucile ancora stretto tra le dita. Prima ancora che l'indagine venga chiusa, la polizia di Seattle sentenzia: suicidio. In fondo tutti gli elementi sembrano esserci: l'arma del delitto, la nota del suicida, almeno un precedente tentativo documentato di togliersi la vita. Eppure già poco dopo la morte del cantante iniziano a circolare voci secondo cui Kurt sarebbe stato ucciso. Un giornalista di Seattle scova discrepanze nel rapporto della polizia. L'investigatore privato Tom Grant, già assunto da Courtney Love per trovare il marito, contesta gli esami tossicologici e l'autenticità della grafia nella lettera d'addio. La notizia più sensazionale è però quella di El Duce, cantante dei Mentors, che dichiara di sapere chi ha ucciso Kurt Cobain. Peccato finisca sotto un treno una settimana dopo queste rivelazioni. Nel 2015 Tom Grant realizza un nuovo documentario, "Soaked in Bleach", dove presenta una serie di intercettazioni e di nuove prove assolutamente sconvolgenti, al punto da far dichiarare all'ex-comandante del Dipartimento di Polizia di Seattle Norm Stamper che, se lui fosse ancora in servizio, chiederebbe la riapertura del caso. Epìsch Porzioni ha trascorso anni a indagare sul suicidio di Kurt, setacciando il mondo del leader dei Nirvana da capo a piedi: indizi tralasciati, calligrafie forse contraffatte, impronte mancanti, testimonianze ambigue, mezze ammissioni e poi lei; la più oltraggiosa, eccessiva ed ambigua vedova della storia del rock: Courtney Love. La donna in questi ultimi 25 anni ne fa di tutti i colori, fra arresti, cliniche di disintossicazione, denunce, post complottisti, lotte con i due membri superstiti dei Nirvana e persino minacce di morte all'ex marito di Frances Bean, la figlia avuta da Kurt Cobain. Senza dimenticare che sembra proprio lei la prima a non credere al suicidio dell'icona del grunge.
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