Haring, Wahrol e Co. I luoghi della pop art a Roma
È stata la Cappella Sistina a stregare Keith Haring, quando nel settembre 1984 ha visitato Roma. In quel soggiorno, l'artista esplorò la città, ne conobbe sentimento e vitalità, poi realizzò un lungo graffito fucsia, con alcune delle sue forme iconiche, dal canide all'uomo in rivolta, sulla parete laterale di Palazzo delle Esposizioni. Dipinse anche sulle pareti trasparenti del ponte Pietro Nenni. Di quelle opere non è rimasta traccia, nel corso degli anni, sono state entrambe cancellate, si mantiene però la memoria degli interventi, a ribadire la centralità anche "pop" della Capitale. L'Urbe fu meta di più soggiorni per Andy Warhol, che ne apprezzava il fermento. Roma ha un'anima pop, che è esplosa in particolare negli Anni Sessanta, con la Scuola di piazza del Popolo, da Franco Angeli a Mario Schifano, da Mimmo Rotella a Giosetta Fioroni, da Renato Mambor, Pino Pascali e Giuseppe Uncini a Tano Festa, Jannis Kounellis e Gino Marotta. È stato proprio quest'ultimo, con l'opera Bondone, realizzata nel '58 con lamiere trovate in strada, a segnare la nascita del pop capitolino. Da allora, molti artisti hanno portato le loro suggestioni e fantasie su facciate di palazzi, muri, opere, mostrando sguardi inusitati sulla – e della – città. Una passeggiata tra luoghi, memorie e visioni della Roma "pop".