Ventinove sottozero
Cesare è intelligente, ha due acque marine al posto degli occhi e non si cura della sua bellezza. E un dettaglio in più per lui, null'altro. Un ragazzo affidabile e con la testa a posto. Una testa che conserva in sé cultura e capacità di collegare i fatti. Ecco perché suo zio Maggiorino lo coinvolge per risolvere un misfatto locale: un cadavere viene ritrovato in una discarica a Ceva. E la tecnica omicida che attira l'attenzione del vecchio. E Cesare, suo malgrado, si trasforma nel catalizzatore del potere oscuro della politica. Siamo negli anni Sessanta: i collettivi, il malcontento di fabbrica, la Fiat, la vita di tutti i giorni. Ed è nella quotidianità che conosciamo uno spaccato di Torino intrigante, attraverso lo sguardo non ordinario dell'autore. Nelle vie più popolari del capoluogo piemontese si condensa un passato appena successo, ricco di aspetti che ognuno di noi può riconoscere, che tipizzano una società analizzata mediante una scrittura arguta e incredibilmente ironica. Questa non è una storia di politica e non è neppure un poliziesco, non è nemmeno un thriller. Per Cesare comunque è il peggiore degli incubi. Ma non per noi.