Vietato scrivere. Come soffocare la scrittura delle donne
«Chi si chiede perché il numero di scrittrici o poetesse o poetesse del passato sia così esiguo o perché il canone anglosassone ne abbia riconosciute, almeno fino agli anni presi in considerazione nel saggio, tra il 5 e l'8 per cento, una specie di quota rosa invariabile, troverà qualche risposta nel saggio di Joanna Russ che, nonostante i quasi quarant'anni trascorsi dalla prima apparizione, risulta quanto mai attuale» - Clotilde Veltri, RobinsonUn testo forte, vivace, intelligente, «arrabbiato senza essere moralista, meticoloso senza essere spossante, serio senza essere privo di senso dell'umorismo», come scrive Jessa Crispin nella prefazione alla nuova edizione americana. Emily Dickinson non aveva soldi: doveva chiedere al padre i francobolli o il denaro per i libri. Sylvia Plath si alzava alle cinque del mattino per scrivere. In "Una stanza tutta per sé", Virginia Woolf racconta che "Villette" (Charlotte Brontë), "Emma" (Jane Austen), "Cime tempestose" (Emily Brontë) e "Middlemarch" (George Eliot), «quegli ottimi romanzi», sono stati scritti da donne «talmente povere che non si potevano permettere di comprare più di due o tre risme di carta alla volta». Joanna Russ smaschera in questo agile testo alcune delle tecniche più subdole e pervicaci messe in atto per impedire che le donne (come altri gruppi discriminati) possano scrivere ed essere riconosciute come artiste. Prospettando un ribaltamento di paradigma potenzialmente rivoluzionario, non solo in letteratura.