Come il bue di Rembrandt. Storia di un balordo dell'est
Questa è la storia di Janos, uno dei tanti invisibili che incontriamo per strada, uno dei tanti immigrati classificati con l'etichetta del "balordo". Una storia che attraversa quella del popolo cecoslovacco, dalla Primavera di Praga alla normalizzazione imposta dall'Unione Sovietica nel 1968, fino alla dissoluzione del Paese, nel 1989. All'inizio degli anni novanta Janos, che ha scontato dieci anni nel carcere di Leopoldov come prigioniero politico, fugge dalla sua terra per approdare prima in Austria e poi in Italia, tra la Calabria e Roma. Dalle utopie coltivate da ragazzo alle continue e problematiche sbandate esistenziali, in un intreccio di luoghi e persone senza alcun approdo significativo. Fino all'epilogo di una morte assurda nel 2001, quando un uomo di trentasei anni, alla guida di una Volvo, lo falcia mentre sta attraversando le strisce pedonali davanti al Colosseo. Janos, nel racconto della sua vita come della sua morte, ci invita a guardare con altri occhi i migranti, incontrando la persona, la ricchezza delle sue esperienze, prima dell'etichetta con la quale cancelliamo la sua identità e il suo vissuto.
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