La Val Sangone raccontata ai ragazzi dalla bisnonna
E una novella vera, perché Livia, calatasi nei panni della "bisnonna", racconta la sua esperienza di bimba di montagna, di ragazza di guerra, di donna curiosa e aperta alle novità. E una testimone oculare che grazie alla sua cultura umanistica e filosofica sa non solo vedere, ma anche interpretare. La leggerezza ironica, i tocchi di parlato non ci devono ingannare, vi è precisione e profondità nella testimonianza dell'autrice. Invece si potrebbe obiettare che "bella" non è un aggettivo tanto azzeccato per un racconto che, nella seconda parte soprattutto, descrive la violenza, le atrocità, i morti della guerra che, specie dopo l'8 settembre 1943, ha investito direttamente la Val Sangone, animata dalla resistenza partigiana e oppressa dalla reazione nazifascita. Ma, parafrasando Oscar Wilde, possiamo dire che "non ci sono argomenti belli o brutti, ma scritti bene o scritti male". L'aggettivo è quindi appropriato, perché la freschezza narrativa, la capacità di semplificare vicende anche complesse rendono fluido il discorso. La bisnonna è padrona della parte che si è ritagliata, affabulante e coinvolgente per un pubblico di ragazzi, a cui esplicitamente si rivolge, ma anche di adulti.
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