Nick Drake e Pink Moon. Una disgregazione

Nick Drake e Pink Moon. Una disgregazione

Nick Drake è il più silenzioso rivoluzionario della canzone folk a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta e Pink Moon è il più urgente dei suoi album, il più vero, il più suo. Terzo e ultimo capitolo di una carriera tristemente breve, Pink Moon è scarno, spoglio, registrato in poche ore dal solo Drake, rinunciando a tutto tranne che al minimo indispensabile, ovvero la sua voce e la fida chitarra Guild; è un disco low-fi ante-litteram, un esempio di come non servano giochi di prestigio per svelare un universo interiore fragile e riluttante e per toccare la perfezione. In un'epoca di ingigantimento e ridondanza della forma canzone, Drake ha raccolto undici episodi implosi, polverizzati, undici frammenti di un discorso sulla vita, sulla ricerca di sé, sull'amore e sulla sua impossibilità, intersecando gioia e malinconia, semplicità e ricercatezza, oscurità e redenzione, cercando un appiglio nell'essere umano e consolazione nella natura. Ennio Speranza racconta un capolavoro disgregato, solo in apparenza incompiuto, dove tutto ciò che al tempo della sua pubblicazione poteva essere visto come disomogeneo sembra oggi splendidamente lucido e coerente, e invita il lettore a puntare l'attenzione su ciò che spiega, anzi dispiega, una canzone: la musica. Perché Drake, nonostante una certa retorica post mortem tenda a dimenticarlo, ancor prima di essere un autore e un cantante era un musicista, e (anche) come tale merita di essere ricordato.
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