Il divenir-ebreo del poema. Doppio invio: Celan e Derrida
La poesia di Celan impegna in una modalità di lettura che Jacques Derrida chiama Schibboleth. Anziché svelare il senso del poema, Derrida scava il testo fino a toccare le vertigini di un passato che non passa, facendo riemergere ciò che il poeta chiama Singbarer Rest. Il poema allora innesta un doppio invio: una follia della lingua che rinuncia a ciò che più le appartiene per dare la parola ad un Altro, l'Estraneo, l'Ebreo in Celan come l'ebreo che è in ogni uomo. Come orientarsi in questa follia che tenta soprassedere ad una benedizione senza locutore? Nei confronti del male ermeneutico che consiste nello spiegare il poema, nel trovare un punto di raccolta della chiarificazione ermeneutica, la «contro-parola» di Celan porta la traccia indelebile di Auschwitz, dell'Olocausto, della Shoah, tre parole che declinano l'oscurità del mondo e la sopravvivenza dell'umano. Il diventar-ebreo del poema deve ormai percorrere tanti percorsi senza desino per dare testimonianza, seppur rattristato, dei nomi e delle date.
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