Scritti da un ducato in fiamme. Delfini, D'Arzio e il Novecento
Il titolo di questo libro richiama la raccolta di novelle con cui Carlo Emilio Gadda vinse il premio Viareggio nel 1953. Là era "per allegoria, il ducato di Milano, una zona virtuale, lontana nel tempo e nella storia, nostalgica, viscontea; ovvero il periodo del duce"; qui, similmente, è il Ducato estense nei suoi prolungamenti novecenteschi, Modena e Reggio Emilia, e i due maggiori scrittori di quelle città: Antonio Delfìni e Silvio D'Arzo. Per diverse ragioni accomunati da un destino di outsider e di "sbrancati", questi narratori hanno dialogato con le avanguardie storiche novecentesche e con la miglior tradizione letteraria anglosassone, nutrendo, come pochi altri, il loro milieu emiliano e provinciale di elementi europei. La giustapposizione di questi due profili letterari avviene sullo sfondo di una tradizione emiliana che l'autore tratteggia evocandone le propaggini che si estendono fino ai nostri giorni, nelle pagine di scrittori come Pier Vittorio Tondelli, Ugo Cornia, Francesco Guccini, Ermanno Cavazzoni e Daniele Benati. Alberto Bertoni ha rifuso in questo libro saggi scritti nell'arco di alcuni decenni: una lunga frequentazione critica delle pagine di Antonio Delfini e di quelle di Silvio D'Arzo, arricchita dalla passione delle comuni radici e della consanguineità di storie e di geografie: così, in controluce, si riconoscono in alcune di queste pagine affioramenti autobiografici delfiniani e darziani e dell'autore stesso.