Confidenze di un cane vedovo. Dalla cascina parentale
"Cosa vorresti che fosse scritto all'inizio del tuo libro, posto che lo si faccia?", mi domanda mentre mastica, come fanno i bambini, una spiga di grano scampata alla trebbiatura. "Dedicato a Deborah, soltanto questo", rispondo senza incertezze. "E alla fine?", vuole ancora sapere il mio compagno, che evidentemente già si sta predisponendo a scriverlo. Anche stavolta rispondo senza incertezze: "Vorrei che alla fine ci fosse una frase da me sentita dire da Umberto e che mi è rimasta impressa. Vorrei che il libro terminasse con le parole: 'A me basta essere capito da poche persone, anzi da una, anzi da nessuno'. Mi sembra un messaggio che aiuta a non farsi illusioni". L'amico cronista si ferma di colpo guardandomi compiaciuto. "Conosco questa massima", dice, "è di un anonimo citato da Seneca, e anche a me piace molto. Se avrai il libro, ti assicuro che il tuo desiderio sarà rispettato!". E questo è tutto...
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