Morte di un medico condotto
19 giugno 1946, 11 del mattino: nel piccolo centro rurale di Piumazzo, vertice del "Triangolo della morte", il medico condotto Umberto Montanari, raggiunto da due colpi di pistola, giace morente sulla strada. La moglie riversa su di lui, accorsa sul luogo del delitto, scossa dai singhiozzi, è l'ultima immagine che vedono i suoi occhi, poi la morte. In paese qualcuno ha visto ma nessuno parla, nessuno osa, la paura domina anche se la guerra è finita. I rancori sono ancora vivi, le ferite ancora aperte, l'odio accanito. L'Italia è uscita straziata e stremata dalla seconda guerra mondiale. Sessantaquattro anni dopo un ragazzo riesuma il caso sepolto sotto una montagna di carte, menzogne, reticenze, ambigui silenzi, memoriali in cui verità e immaginazione diventano inestricabili. Stana testimoni scomparsi, altri che allora decisero di non parlare, tenta addirittura di telefonare al presunto assassino, ormai decrepito, che muore poco tempo dopo. Gli spettri del passato tornano a inquietare coscienze da tempo assopite. Alla fine il barlume di una verità troppo a lungo taciuta sembra farsi strada nel buio di un periodo storico volutamente ignorato per decenni, che ha avuto però un'importanza enorme nell'alimentare l'amara discordia che ancora oggi funesta il nostro Paese.
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