I comuni francesi. Caratteri e funzioni dalle origini al XVIII secolo

I comuni francesi. Caratteri e funzioni dalle origini al XVIII secolo

Le vicende descritte in questo libro presentano forti connessioni teoretiche con i cambiamenti insorti dopo il 1793 a sud delle Alpi e specialmente nel Mezzogiorno. Questi fenomeni, coerenti con la Restaurazione, furono poi distorti da interpretazioni idealistiche, oggi ancora attive. Non è possibile sintetizzare lo sviluppo di questi problemi in poche righe; per approfondimenti si rinvia a R. Ajello, Dalla magia al patto sociale, stessa collana, n. 5, 2013. Le avversità incontrate dagli eredi di Filangieri sono la prova di un grave regresso teoretico rispetto ai risultati raggiunti dall'Illuminismo. La rinascita dell'idealismo in vesti hegeliane dimostra che riemerse la difficoltà centrale della speculazione medievale, ossia la pretesa di superare i limiti delle capacità cognitive mediante nozioni intellettuali sconfinate, universali, non documentabili. Il Rinascimento fu, invece, espressione di una nuova concretezza, realizzata riscoprendo i risultati raggiunti nel mondo antico e testimoniati dall'epicureo De rerum natura, testo ritrovato nel 1419. Nel primo secolo a. C. vigevano propensioni mitologiche, magiche, estranee ad ogni certezza umana, mentre il politeismo assicurava la coesistenza pacifica di molte religioni. Il successo dell'opera di Lucrezio era stato già in origine il segno di voler porre tutto in termini realistici. Ma presto l'irrompere del monoteismo cristiano rese insostenibile quel pacifico risultato e ne seguirono le ben note persecuzioni. Poi in Francia, dagli inizi del secolo VI, gli assetti istituzionali monarchici offrirono una soluzione a quei problemi e sbocchi empirici, che si consolidarono. Quella politica dimostrò forti capacità di sostegno alla produttività, di sviluppo del benessere. In varie monarchie europee fu possibile realizzare analoghi indirizzi, ma non in Italia, dove prevalsero le crisi e gli opportunismi cinici, né in Germania, dove avvenne di peggio: la cultura reagì contro il pensiero moderno perché convinta della superiorità della tradizione e diresse il suo rancore contro la Francia, dialettica che sfociò in tre barbare guerre: 1870, 1915, 1939. Tutto venne da impulsi imperialistici cui si aggiunsero i motivi teoretici, diretti a nascondere l'aggressività, idealizzandola. Invece in Italia l'Assoluto neohegeliano concorse a far sì che si diffondesse l'illusione di un ritorno alle certezze (medievali), e ne derivò un errore ancor oggi non superato. Quell'astrattismo valse quale base teoretica per giustificare assolute "Verità" politiche (fascismo e nazismo). S'inquinarono così le mentalità, poiché fu distorto il moderno modello di vita, fenomenico, dubbioso, sperimentale. L'ideologico ottimismo idealistico (il Reale-Razionale) corruppe anche la storia nazionale, ne negò le ascendenze tormentate, le difficoltà plurisecolari. Anche dopo il 1945 non sono state chiarite le origini delle tendenze italiane ad importare gli antifrancesi rancori tedeschi e si continua a non vedere lo "spiritualismo assoluto" come dipendenza dalle ideologie dittatoriali prussiane.
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