Io sto qui aspetto Bartali. 17 storie di fughe, curve, dolomiti e paracarri
E se il ciclismo fosse una lunga, struggente, malinconica canzone? Quella di Paolo Conte che dà il titolo a questa antologia sui pedali; o quella di Lucio Dalla in cui appare di scorcio il conte Gastone Brilli Peri, pilota di automobili qui in sella ad una bicicletta agli inizi del Novecento, o quella di Lucio Battisti con le sue discese ardite, titolo di uno di questi racconti. O forse il ciclismo è davvero fughe, curve e paracarri, è roccia delle Dolomiti, territorio ideale per imprese al confine della leggenda. E quel fruscio secco che fanno le ruote - i tubolari di Bartali come le lenticolari di Armstrong - quando attraversano l'aria: è la fabulazione sportiva che i gregari balenghi e sognatori di "em bycicleta" tenacemente coltivano. Pedalando con la dinastia senza fine della famiglia dei Moser, in volata con Fondriest, in salita con Simoni, in discesa con Taccone, in curva con Michelotto. Storie e, a volte, storia del ciclismo. Perché una tappa dolomitica è più appassionante di una partita di serie A e perché, soprattutto - come nella prefazione ricorda Gianni Mura che tira generosamente il gruppetto dei fuggitivi e dei loro diciassette racconti - non è obbligatorio aspettare Bartali, è una libera scelta. E mentre leggerete queste pagine, lui continuerà ad aspettare. Non sarà solo.