Mi pento. «Vi svelo nomi e cognomi della mafia di ieri e di oggi»
La libertà, dice lui, si raggiunge "solo dicendo la verità". E questo il motivo che spinge Stefano Lo Verso, per anni votato alla fede pagana del silenzio e del sangue, a collaborare con la giustizia. Per lui il pentimento arriva dopo aver scontato tutta la pena ed è, nelle sue parole, un atto di fede, che apre uno squarcio su una mafia che riteneva di poter riprendere in mano la strategia della tensione con nuovi omicidi eccellenti. Lo Verso fa i nomi e i cognomi di chi commissiona omicidi, di chi impone il pizzo e di chi lo paga, quelli di chi ha protetto Bernardo Provenzano: i suoi verbali parlano del capo di Cosa nostra e degli uomini che ne hanno coperto la latitanza. E ricostruiscono gli assetti mafiosi di Ficarazzi, Villabate e Bagheria. Che non si tiravano indietro di fronte al progetto di uccidere magistrati e politici, i quali non tutti hanno servito lo Stato. Non tutti hanno rispettato il mandato elettorale per cui si sono accomodati sugli scranni del potere. Perché, sostiene Lo Verso, "non c'è mafia se non c'è politica". Lo spaccato che ne viene fuori è quello di una società che non può redimersi. Che non è pronta, essa stessa, a un atto di fede.
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