Ubriachezza e sobrietà nel mondo antico. Alle radici del bere moderno

Ubriachezza e sobrietà nel mondo antico. Alle radici del bere moderno

Giovani dediti all'uso dell'alcol, sempre più incidenti per ubriachi alla guida, sono solo alcuni degli allarmi sociali con alla base l'uso dell'alcol. Ma cosa rappresenta l'alcol in una società e perché il suo uso non è sempre uguale nel tempo? Dalla civiltà greco-romana abbiamo ereditato un mondo libero dalla droga ma con un debole per il vino. Il Cristianesimo è stato, a un tempo, l'erede e l'esecutore testamentario di tale lascito ma ha avuto modo e tempo per dimostrare tutta la sua intransigente ostilità verso le altre droghe, presenti e future. Da qui il racconto fino ai nostri giorni di questo libro. Una rilettura del vasto corpus letterario, storico e iconografico che documentano le situazioni in cui il vino ma anche la birra e, più in generale, le sostanze alcoliche erano assunte per rispondere alla domanda se l'elaborazione delle regole del bere si sia basata su una consapevolezza empirica della molteplicità di effetti neuropsichici di queste sostanze fermentate. Un'analisi che si basa sulla reciproca influenza tra bevanda fermentata e ambiente nel determinare quegli effetti farmacologici che costituiscono la motivazione per il radicamento di certi specifici impieghi e non altri. Paolo Nencini è ordinario di Farmacologia all'università di Roma La Sapienza e ha maturato un forte interesse per l'uso materiale delle sostanze psicoattive nel mondo antico nell'ambito del suo settore specifico di ricerca: uso-abuso delle sostanze psicoattive.
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