Volevo tornare a mia casa. Cme l'alpino Piovano si salvò la pelle
Pietro Piovano, classe '22, viene strappato ventenne alla sua rude condizione bucolica e scaraventato sulla prima linea di una guerra che gli è indifferente; deve combattere per motivi che non lo riguardano contro uomini che gli sono fisiologicamente simpatici e che gli si riveleranno spesso amici. L'imperativo, sussurrato all'inizio, poi sempre più veemente e consapevole è: voglio tornare a casa. Per tornare, tuttavia, attanagliato com'è dentro le spire di una guerra glaciale, di una ritirata caotica e casuale, di una peregrinazione adespota, di una prigionia interminabile, Piero deve attingere all'infinita cisterna della sua complicità con gli elementi naturali, della sua determinazione animale, della sua volontà che è compostezza nel cuore del turbine. Sotto i suoi occhi: le diverse fantasie e peculiarità degli uomini, la prodigiosa varietà naturale, l'inaudita coltura del cotone, il transito degli sciacalli afgani, la scia palpabile d'un meteorite, l'affidabile follia dei cammelli; Piero non fugge, saluta, riconosce e, se può se né va. Il presente gli dona i futuro.