Io non amavo mia madre
Rachele, oggi docente in un'università degli Stati Uniti, sente il bisogno di ripercorrere attraverso la scrittura le tragiche vicende del suo rapporto con una madre gravemente disturbata e abusante. Invia la narrazione, capitolo per capitolo, alla psicoanalista che, dopo la morte della madre, l'aveva aiutata a uscire da uno stato di grave rischio per la sua salute psichica. Questo esercizio le permette di far emergere ricordi traumatici che sembravano cancellati e di provare finalmente il dolore da cui si era difesa quasi congelando la sua vita emozionale. Da parte sua l'analista, man mano che le arrivano i testi di Rachele, mette sulla carta i propri commenti e i ricordi di quell'analisi da lei intensamente vissuta. Lo fa senza chiamare in causa troppi concetti clinici - ad esempio la dinamica transfert-controtransfert ma adottando la formula del saggio-romanzo, psicoanalisi e letteratura che si incrociano, si alternano, si confondono.
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