Askatasuna. Una spina che - non - si toglie
"Askatasuna" è un grido di libertà che, però, non ha più voce. Aska ha poco più di vent'anni e vive a Genova da sola, come riesce a vivere. La tormenta il ricordo costante eppure vivido della sua infanzia e dei suoi genitori: la tormenta - silenziosamente - una morte che glieli ha strappati ma che si è dimenticata di fare a pezzi anche lei. Il suo nome in islandese significa cenere. Aska vive ogni giorno come isolata da ogni cosa, quasi non aspettasse altro che spegnersi come quelle stelle che si sente dentro e che non capisce mai cosa stiano facendo. Gelida e assente, dà via il suo corpo e, con lui, ciò che resta di lei. Ma Aska non è poi così sola, anzi è proprio l'essere tanto legata agli altri - ai pochi con cui ha in comune qualche cosa di spezzato e di luminoso - che la condanna e la salva al contempo. "Askatasuna" è una storia che si vede e si sente tutta dall'interno, la registrazione di ciò che accade alla protagonista, ma non solo. Un soliloquio liquido e frantumato, autentico e allucinato che, secondo un'astronomia introspettiva, cerca nelle sue viscere il senso della sua stessa storia: l'unico possibile.
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